Testo critico opera "Matrimonium"
La ricerca artistica di Massimo Liotti è una sorta di ritorno alla spiritualità attraverso l’utilizzo del linguaggio moderno. Un territorio in pratica inesplorato, un’osservazione di quella sacralità che in epoca arcaica era un tutt’uno con la vita dell’uomo, in un tempo in cui ogni fenomeno presente in natura trovava una sua logica giustificazione nel trascendente.
L’artista sembra costatare come il mondo debba riscattare quell’aspetto antico della cultura, come l’uomo possa svegliarsi da un lungo letargo ed accorgersi che il mondo non finisce con il culto dell’individuo, ma è un territorio più ampio e affascinante. Ogni cosa presente su questa terra è in relazione ad altro, persone, cose, tempo; il riflesso dell’uomo si fa sentire in ogni piccolo particolare, per questo motivo è opportuno andare più a fondo, indagare il mondo da vicino con l’aiuto dalle scritture antiche. Con questo metodo Liotti legge la realtà che lo circonda nelle sue sottili gradazioni, andando alla radice di più culture e trovando nelle testimonianze provenienti dal passato dei punti di contatto, delle vicinanze con il presente.
Il percorso di ricerca spirituale dell’artista parte dalle religioni e filosofie orientali approdando a una sorprendente riscoperta del Cristianesimo e dei suoi antichi simboli e in genere della ricchissima tradizione occidentale, che proprio per la sua vicinanza è a noi più nascosta. La luce è un linguaggio comune a quasi tutti i culti, la mancanza di connotazioni visibili ed il conseguente mistero generato, la rende il segno trascendentale per eccellenza. Parlando di spiritualità diventerebbe difficile fare riferimento ad altri elementi, anche in scultura sarebbe complicato esprimere certi concetti utilizzando materiali dotati di una maggiore fisicità. Pertanto la luce diventa un elemento essenziale nel lavoro di Liotti. La utilizza con gran fascino in un’installazione a Castel Sangallo di Nettuno, eseguita in collaborazione con Silvia Garau, dove invita il visitatore all’interno di uno spazio sensoriale fatto d’acqua e luce.
Nel suo ultimo lavoro, realizzato in occasione di questa mostra, la luce è “regale” e “divina” al tempo stesso. L’artista s’interroga sull’etimologia dei termini matrimonio (“mater”) e patrimonio (“pater”), femminile e maschile, la Regina e il Re, nel primo caso la parola è legata alla nascita di un figlio, nel secondo alla sua ereditarietà. Da qui la riflessione di Liotti sulla creazione, che nei trattati antichi implicava sempre i quattro elementi, due femminili (acqua e terra) e due maschili (aria e fuoco), più un quinto: lo Spirito Divino. Quest’ultimo elemento è il più importante, senza il quale non sarebbe potuta nascere la vita, intesa quindi come una Danza degli elementi (Matrimonium).
«Ebbene, quando viene mossa, la materia si scalda e diventa fuoco e acqua, il primo vigoroso e forte, la seconda invece passiva. E il fuoco, essendo opposto all’acqua, seccò una parte di acqua, e nacque così la terra, che fluttua sull’acqua. Quest’ultima poi, continuò a lungo a disseccarsi tutt’intorno, e nacque un vapore dalle tre componenti, ossia dall’acqua, dalla terra e dal fuoco, e così comparve l’aria. Questi elementi si unirono tra loro secondo un rapporto armonico, il caldo con il freddo, il secco con l’umido, e dal loro accordo nacque un soffio e una semenza analoga al soffio che avviluppa il tutto» (Corpus Hermeticum, estratto XIV di Giovanni Stobeo, V secolo d.C.).
Luca Panaro